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La città come scenario narrativo della visita guidata

“Le città credono d’essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura. D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”.

Così Italo Calvino ne “Le città invisibili”, sottolinea l’importanza di cogliere in maniera totalmente soggettiva le sfumature di un luogo e di riuscire ad appropriarsene, di “sentirlo” come proprio, anche se soltanto per il tempo di un attraversamento o di un viaggio. Ma non solo: enfatizza l’importanza del racconto come strumento evocativo di sensazioni ed emozioni che derivano dal contatto con la città nella sua totalità, fatta di edifici, uomini, abitudini e paesaggio.

Il racconto, infatti, è lo strumento che Marco Polo – l’esploratore veneziano che nel XIII secolo raggiunse l’estremo Oriente attraversando lo sconosciuto continente asiatico – utilizza per far conoscere a Kublai Khan – l’imperatore del regno dei Tartari – le città del suo vasto regno.

Il sovrano chiede a Marco Polo di raccontargli del suo lungo viaggio e di descrivere le città che lui non potrà mai vedere, data la vastità del regno. Così l’esploratore veneziano inizia la sua narrazione, ma non si limita ad una descrizione fisica o estetica dei luoghi che che incontra, piuttosto espone dettagliatamente le peculiarità di ogni città, comprese le sensazioni e le emozioni che ognuna, con i suoi profumi, colori, sapori e rumori, gli suscita.  

Le città, infatti, sono organismi vivi e multiformi, mai del tutto eternamente determinate nei loro confini e mai fini a se stesse. Sono il frutto di stratificazioni storiche depositate dal tempo per adattarsi alle esigenze dell’uomo. Sono spazi finiti e al tempo stesso indefiniti che trasudano memoria e possono raccontare molti aspetti della cultura e della società del passato. Attraverso la narrazione Marco Polo costruisce una propria personale idea di città, mediando abilmente tra la realtà oggettiva – quella visibile agli occhi – e la realtà soggettiva – visibile attraverso la mente e il cuore.

Dal suo racconto apprendiamo di Cloe, città in cui gli sconosciuti si scambiano sguardi lussuriosi, di Adelma, in cui si possono rivedere i parenti e gli amici morti, oppure di Zemrude, che dipende dall’umore di chi la guarda. Ognuna di queste città è diversa e, nel raccontarne l’esperienza lo stesso Marco Polo costruisce uno spazio ideale in cui la storia, il passato e le caratteristiche si coniugano con il presente e il futuro.

Ma come si rende una città lo scenario narrativo di una visita guidata?

Spesso siamo abituati a pensare alla guida come ad un semplice accompagnatore di gruppi in transito da un luogo all’altro. Ma il vero viaggio è proprio l’attraversamento, il passaggio, il tempo che intercorre fra le tappe. Se cominciamo a pensare alla città come una quinta scenica e non come un semplice luogo di passaggio, improvvisamente ci troviamo ad interrogare un mondo sconosciuto e lontano che attende soltanto di riemergere.

Osserviamo ciò che ci circonda. Com’è cambiata la città? Quel viale alberato è sempre stato lì? E dove oggi c’è una piazza, cosa esisteva tanto tempo fa? Quali tracce visibili restano di questa mutazione? E se non ne rimangono, com’è possibile evocare quel passato?

Se si guarda alla città in termini dinamici, è possibile costruire una narrazione altrettanto dinamica affidandosi alle fonti storiche, alle targhe e alle epigrafi, alle foto o alle illustrazioni d’epoca e, naturalmente, al proprio istinto e alla propria creatività di guida turistica.

Gli edifici di culto, i palazzi, le torri, le piazze e i ponti possono diventare “quinta” del dinamismo della città vivente, quella anticamente popolata dai mercanti, dagli artigiani, dai nobili e dai potenti, dai prigionieri e dai boia.

Come si diventa Marco Polo?

A questo punto è fondamentale riuscire a costruire attivamente il racconto, ambientandolo non più in uno spazio immaginario, in una dimensione passata, astratta e lontana, ma in uno spazio reale, dove dimora il presente e dove il tempo non si è fermato, ma diventa liquido e palpabile attraverso l’esperienza.

Non a caso, nel mondo degli studi urbanistici, soprattutto in relazione al fenomeno della dispersione abitativa e della polverizzazione degli spazi abitati, gli studiosi auspicano un ritorno all’esperienza come fonte primaria della conoscenza attraverso un discorso narrativo che permetta di leggere la città.

Compito della guida, in questo senso, è riuscire a far cogliere quel sottile e invisibile legame che rende la città un sistema un complesso di relazioni segrete e nascoste.

Rispetto agli spazi di un museo, infatti, la città si mostra più affine alla logica narrativa, permettendo di costruire un percorso a tappe pensate ognuna come parte di un racconto, il cui filo conduttore possa far percepire al visitatore non solo i diversi momenti della storia – favoriti anche dallo spostamento fisico da un luogo all’altro – ma la sua consequenzialità.

Insomma, dentro ogni città ci sono svariati palcoscenici e svariate storie da raccontare e dentro ogni guida turistica c’è un Marco Polo che attende soltanto di essere chiamato a raccolta!

E tu, hai mai pensato alla città come spazio narrativo?

Se vuoi approfondire, ecco qualche link utile!


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